Archivio per la categoria ‘droghe e ambiente’


Pochi istanti di sballo si traducono in un danno ingente per il nostro cervello, ma anche per il pianeta. La droga infatti è tutt’altro che “verde”, come dimostra un recente articolo pubblicato sul sito del magazine britannico Slate. L’uso di stupefacenti incentiva commerci e metodi produttivi illegali, che su tutto si fondano fuorché sulla tutela degli ecosistemi naturali. Per scoprire le eco-credenziali di ogni sostanza, occorre conoscerne la provenienza e confrontare i metodi produttivi.

Olio prezioso. Tra le sostanze meno “ecologiche” in circolazione troviamo ecstasy (e MDMA), realizzata con l’olio di sassofrasso (gen. Sassafras), un albero delle foreste pluviali di Brasile e Sudest asiatico. Nel 2008 la Flora and Fauna International, un’organizzazione non governativa per la tutela di piante e animali, ha collaborato con le autorità inglesi al sequestro in Gran Bretagna di 33 tonnellate di olio, per le quali erano stati abbattuti 8 mila alberi in una riserva cambogiana. Il contenuto di questi barili sarebbe stato sufficiente a produrre 245 milioni di pasticche.

Fabbriche di veleni. Particolarmente inquinanti, a causa degli scarichi di laboratorio rilasciati durante la filiera produttiva, anche i derivati di alcaloidi di origine vegetale come efedrina e pseudoefedrina, quali il crystal meth (o “ice”): si calcola che in California tra il 2000 e il 2004, queste droghe abbiano riversato nei canali tra le 1800 e le 3 mila tonnellate di scarichi tossici. Un affare sporco, in cui la maggior parte della materia prima, secondo un recente rapporto del Dipartimento di Stato Americano, proviene da India e Cina.

Fatti più in là. Le cose non migliorano quando si parla di cocaina. In questo caso il problema è l’appropriazione di spazio che queste colture sottraggono a terreni destinati alla foresta. Negli ultimi 20 anni soltanto nella zona delle Ande, si calcola siano stati abbattuti 2 milioni e 400 mila ettari di foreste per far posto alle piantagioni di coca. E con una resa “modesta”, considerando che un metro quadrato di piante basta per appena 6 dosi di coca (23 di eroina se la stessa superficie fosse coltivata a papavero da oppio). Secondo il governo peruviano inoltre, ogni anno 15 milioni di litri di sostanze tossiche – soprattutto diesel e cherosene – finiscono nel Rio delle Amazzoni durante la produzione di pasta di coca. Senza contare che questa non è propriamente una merce “a chilometri zero”, e che le spese di trasporto (via mare, aria, terra) costituiscono una parte importante del bilancio.

Erba invadente. Un metro quadrato di cannabis frutta circa 250 dosi. Ma a dispetto del suo aspetto così “naturale” neanche la marijuana è “verde”. Almeno metà della produzione annua mondiale è infatti coltivata in Messico, dove ha invaso le aree protette delle montagne della Sierra Madre Occidentale. Mentre alcuni coltivatori californiani pur di ricavare spazio per le piantagioni illegali, non si sono fatti alcuno scrupolo a deturpare parte della vegetazione nativa del Sequoia National Park, deviare il corso di fiumi e inquinare il suolo pubblico di un’area protetta con pericolosi additivi chimici.

http://www.focus.it/natura/ambiente/news/26052010-1748-388-se-ti-droghi-fai-male-anche-al-pianeta_.aspx

Pochi sanno che l’ecstasy è tra le cause principali della deforestazione in Asia. Una nuova inchiesta Vanguard documenta come nella giungla dei Cardamoms, in Cambogia, alcuni gruppi criminali, che si muovono con logiche paramilitari, segano le radici di un raro albero (il Cinnamomum parthenoxylon). L’olio di Safrolo, che da queste viene ricavato dopo un rudimentale procedimento di estrazione in laboratori mobili ed improvvisati, è la base per ricreare chimicamente l’MDMA, sostanza lisergica componente base delle pastiglie di ecstasy.
Un fenomeno che, oltre a disboscare in maniera dissennata, sta cacciando dal proprio habitat molte specie selvagge, incapaci di sopravvivere. E` per questo che il Ministero per l’Agricoltura cambogiano ha recentemente destinato 127.000 ettari di foreste alla gestione sostenibile da parte delle comunità locali. Un segnale importante che premia il duro lavoro svolto a proteggere una foresta costantemente minacciata dai signori della droga, dove diverse comunità sono in lotta contro i narcos e dove si combatte per diminuire l`impatto del prelievo di legname a vantaggio di altri prodotti rinnovabili come frutta, fibre vegetali e piante medicinali.

L`ecstasy è la droga che figura tra le sostanze illecite più diffuse e utilizzate nei paesi europei. Il suo principio attivo, l`Mdma, venne sintetizzato in Germania nel 1912 da due ricercatori che stavano lavorando a un farmaco dimagrante. Il numero di consumatori che il mercato dell’ecstasy deve soddisfare oggi, solo in Europa, è di 12 milioni di persone. Tra queste c`è chi ha toccato il fondo come tre ragazzi di San Patrignano che in questa puntata raccontano il loro rapporto problematico con le droghe sintetiche ed il lungo e difficile percorso verso la disintossicazione.

http://tg24.sky.it/tg24/mondo/2009/11/23/vanguard_foreste_di_ecstasy.html

Tra i drammi della Colombia il meno conosciuto è forse quello ecologico. La coltivazione e soprattutto l’eliminazione dei narcocultivos stanno distruggendo il patrimonio ambientale, con pesanti conseguenze sulla vita sociale e economica.
E’ ormai noto che la Colombia è il primo produttore ed esportatore mondiale di cocaina e il terzo produttore mondiale di marijuana e che l’eroina colombiana è considerata tra le migliori del mondo. Nonostante cifre discordanti in termini di quantità prodotte, superfici coltivate e, soprattutto, profitti, tutte le stime e gli studi concordano infatti nell’indicare la forte ascesa negli ultimi anni della Colombia come coltivatore e produttore di droga.
Negli ultimi quindici anni i narcotrafficanti hanno acquistato terreni in 409 dei 1.039 municipi del Paese. Allo stato attuale possiedono oltre un quarto delle terre coltivabili del Paese: circa cinque milioni di ettari (più o meno il doppio della superficie del Piemonte). Il che significa che parte dei destini della sospirata riforma agraria (uno degli argomenti principali di disaccordo tra governo e guerrillas) e parte della sicurezza alimentare del Paese è in mano ai narcos.
Le conseguenze di queste appropriazioni sono state gravi e molteplici. Si è alzato il livello di concentrazione della proprietà terriera in poche mani, con la conseguente emigrazione di contadini verso le città o in altri municipi: oltre il 65% dei contadini desplazados (costretti cioè ad abbandonare la terra) è in possesso di un titolo di proprietà sulla terra irrimediabilmente perduto. E’ aumentato di molto il prezzo della terra, il che ha scoraggiato aspiranti impresari agricoli o allevatori. Si sono finanziate strategie pubbliche e private di difesa della terra contro la guerriglia di cui a fare le spese sono soprattutto le popolazioni rurali. Si è rafforzata la tendenza di destinare le migliori terre del Paese alla coltivazione estensiva, con grave pregiudizio dei boschi e dell’agricoltura medesima. Si è permesso ai narcos di smantellare e disgregare le vecchie comunità proprietarie di terra. Si è vincolata la proprietà terriera alla sicurezza personale, sicché la maggior parte dei contadini, al di là della convenienza economica, non ha altra scelta che quella di coltivare la coca. Il fatturato totale è calcolato intorno ai quindici-venti miliardi di dollari.
Ciò che è meno noto, ma altrettanto grave, è che la coltivazione, la lavorazione e anche la lotta ai narcocultivos comportano direttamente e indirettamente impatti devastanti al preziosissimo patrimonio naturale del Paese. Come dovunque nel Sud del mondo, i danni all’ambiente finiscono con l’essere doppiamente gravi.
Considerata la stretta dipendenza di gran parte della popolazione dalle risorse alimentari immediatamente disponibili in natura (frutta, cacciagione, pesca) e dagli elementi naturali (acqua, legna, terra coltivabile), a livello locale un danno ambientale si traduce in una perdita di tali risorse e quindi nella fame. Considerata poi l’importanza che per l’intero pianeta ha il patrimonio naturale della Colombia, uno dei Paesi della cosiddetta megadiversità, i danni ambientali si traducono a livello globale in una perdita di ricchezza in termini di biodiversità, riserve d’ossigeno, funzione termoregolatrice, possibilità di scoprire principi farmacologici in piante rare, ecc. Secondo gli specialisti il recupero degli ecosistemi originari in queste regioni richiederà, quando non vi siano già processi irreversibili, circa un centinaio di anni.
Per ottenere le superfici utili alla coltivazione il disboscamento viene effettuato senza alcuna cognizione scientifica o criterio di salvaguardia del territorio, spesso utilizzando il fuoco in modo incontrollato. Il risultato più immediato di questa azione è che impiantare un ettaro di coltivazione di piante da droga equivale a distruggere circa tre quarti di ettari di bosco andino dall’immenso valore ecologico. Nel complesso un’operazione del genere si traduce in una deforestazione di circa trecentoquarantamila ettari all’anno di foresta tropicale in tutto il Paese, pari a circa il 30% della deforestazione annua del Paese.
Da ricerche del Ministerio del Medio Ambiente emerge nel periodo tra il 1974 e il 1998 sono stati coltivati 307mila ettari (inclusi i fumigati) che hanno causato il disboscamento di circa 1.074.000 ettari di selva e boschi in ventitrè dipartimenti. La conseguenza è la perdita ingente di aree produttrici d’acqua (è stata stimata la scomparsa ogni anno di circa seicento ruscelli o piccole sorgenti) necessarie per mantenere il regime idraulico nelle principali conche idrografiche e impedire i processi di erosione del suolo; nonché la grave minaccia a ecosistemi-chiave per la riproduzione genetica in regioni considerate vere e proprie banche mondiali della biodiversità.
E’ inoltre enorme il “carico chimico” necessario a massimizzare la produttività di queste piantagioni: ogni anno sono utilizzate circa novecento tonnellate di erbicidi, sedicimila di fertilizzanti e quattrocentocinquanta di antiparassitari, col conseguente considerevole inquinamento di suolo e acqua.
(FONTE: narcomafie.it)